Come si cura la fibromialgia: alimentazione antidolore
Pubblicato da      22/04/2025
Come si cura la fibromialgia: alimentazione antidolore

Come si cura la fibromialgia?
C'è un rimedio?
Che ruolo gioca l'alimentazione?
Esiste una cura alimentare "anti-dolore"? La risposta è si. 
Ce ne parla oggi Francesco Garritano, biologo nutrizionista ed autore di "La fibromialgia è una sfida: tu puoi vincerla".

Come si cura la fibromialgia: un piano personalizzato


Ma attenzione: ogni piano alimentare deve essere cucito sulla singola persona, considerando l’intensità dei suoi sintomi e le sue peculiarità della persona.
Facciamo un esempio: frutta e verdura sono molto importanti per alcalinizzare l’organismo. Sicuramente mangiare quantità generose di frutta e verdura tende a favorire il processo di riduzione dell’acidosi.
Ma il piano alimentare è da stabilire con il professionista: difatti, se un soggetto ha istamina alta non potrà assumere spinaci. Oppure, se è allergico al nichel – molto presente in determinati tipi di frutta e verdura – la scelta dovrà essere orientata con attenzione.
Deve essere sempre il nutrizionista a eliminare o a limitare l’assunzione di qualche alimento nella dieta.

Come si cura la fibromialgia grazie alla seratonina


La serotonina è comunemente chiamata “ormone della felicità” poiché regola l’umore; inoltre è un precursore della melatonina, l’ormone che regola la qualità e la durata del nostro sonno. Ma uno studio recente ha evidenziato come essa sia anche in grado di alterare la percezione del dolore.
Diversi studi hanno osservato che nei topi in cui si stimolava la produzione di serotonina, vi era una più bassa percezione del dolore rispetto agli altri.
Questo dato è molto interessante, perché apre nuove frontiere nello studio del dolore cronico.
Con l’alimentazione è possibile contribuire a ristabilire i livelli di serotonina assumendo il suo precursore, ovvero il triptofano: si tratta di un amminoacido essenziale che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare e che deve essere quindi assunto attraverso il cibo. In primis, però, è necessario accertarsi di non avere patologie a livello intestinale che potrebbero alterarne l’assorbimento: se c’è disbiosi intestinale, infatti, avremo meno serotonina. 
I cibi ad alto contenuto di triptofano sono soprattutto i cereali integrali, il miglio, la quinoa, l’amaranto, il grano saraceno; altri alimenti amici sono cioccolato fondente, frutta secca, pollo e tacchino. Buona la concentrazione anche nel pesce, tra cui acciuga, orata, spigola, sogliola, merluzzo, tonno e bottarga; non bisogna dimenticare infine le uova. Il triptofano si trova anche nei legumi, in particolare ceci e fagioli, e anche in alcuni latticini come la ricotta e lo yogurt. Tra le verdure, sono particolarmente ricche di triptofano l’indivia, i cavoli, gli asparagi, i fagiolini, la lattuga, la bieta, gli spinaci, le zucchine

 

Fibromialgia e vitamiana D: come integrarla


Recenti evidenze scientifiche dimostrano che la vitamina D gioca un ruolo importante nella percezione del dolore: la carenza implica un peggioramento del dolore, mentre un’adeguata integrazione porta ad apprezzabili miglioramenti.
I ricercatori hanno quindi ipotizzato che la supplementazione di vitamina D potesse ridurre il dolore nei soggetti con fibromialgia che presentavano livelli ridotti di calcifediolo – un pre-ormone prodotto a livello epatico, convertito poi in colecalciferolo ossia vitamina D3 – e che potesse altresì migliorare anche altri sintomi legati alla patologia.
“La domanda a questo punto sorge spontanea: sapete quali sono nel vostro organismo i livelli di vitamina D? La integrate in modo corretto, ovvero tutti i giorni? Probabilmente no, questo perché si associa la vitamina D solo al benessere delle ossa, ignorando che è implicata anche nei processi legati al dolore” continua il dott. Garritano.
Soprattutto per i fibromialgici, è utile monitorare i livelli di vitamina D e intervenire con opportune integrazioni laddove si riscontri una carenza.
Inoltre la mancanza cronica di esposizione alla luce solare (dovuta soprattutto all’attività lavorativa che ci chiude dentro casa per ore), spesso associata a diete vegane o troppo restrittive, è da identificare come una delle cause principali della carenza di questa importante vitamina.
La soluzione va da sé: impariamo innanzitutto a vivere il più possibile all’aria aperta durante il giorno – per quanto gli impegni quotidiani ce lo possano consentire – e cerchiamo di nutrirci in modo consapevole.
Tra gli alimenti a più alto contenuto di vitamina D ricordiamo l’olio di fegato di merluzzo, i pesci grassi (come sgombro, aringhe, tonno, carpa, salmone, molluschi, ostriche e gamberi). Da non dimenticare poi il tuorlo d’uovo e i funghi (unica fonte vegetale).

 

Come si cura la fibromialgia a tavola


Diversi studi su soggetti fibromialgici hanno dimostrato che, seguendo una dieta priva di glutine, i pazienti hanno tratto significativi giovamenti per ciò che riguarda il sintomo del dolore.
Ma come agire a tavola per limitare l’assunzione del glutine? La dieta che propongo può implicare la rotazione e talvolta l’eliminazione – naturalmente per un lasso di tempo variabile e limitatodegli alimenti che contengono queste proteine: i già menzionati cereali (frumento, segale, orzo, farro, kamut ecc.) e i loro derivati (pane, pasta, zuppa a base di cereali citati, ma anche birra, lievito madre ecc.). Alle volte prediligo i cereali antichi, che presentano basse quantità di glutine (come monococco, tumminia o timilia, russello, solina, maiorca ecc.), e/o li alterno con gli pseudocereali naturalmente privi di glutine (come il teff, il sorgo, l’amaranto, la quinoa, il buon riso italiano).

 

Come si cura la fibromialgia: l'impatto dei latticini


È importante poi tenere a mente che i prodotti latteo-caseari possono contribuire allo sviluppo di dolori articolari: 
: l’alto livello di proteine presenti nella caseina innesca infatti infiammazione e dunque dolore.
Per questo il mio consiglio è di sostituirlo a colazione con bevande vegetali mentre, per tutti i derivati, prestare attenzione al fattore tempo. Per esempio lo yogurt dei supermercati presenta la problematicità di avere una fermentazione di sole otto ore, questione che si ovvia se lo yogurt viene fatto in casa (tuttavia persiste il dubbio sulla qualità del latte che viene utilizzato). Ma sorge spontanea una domanda: se si lascia fermentare lo yogurt per almeno 24 ore, lattosio e caseine vengono completamente digeriti? Lattosio sì, ma non siamo del tutto certi della scomparsa della caseina. Per quanto riguarda infine il formaggio stagionato 36 mesi, la mia risposta è che purtroppo neanche in questo caso siamo sicuri che la degradazione delle caseine sia avvenuta totalmente. “Quindi eviterei i latticini senza ombra di dubbio. D’altra parte, se ci riflettiamo un po’, ci rendiamo conto che l’uomo sta andando contro natura. Avete mai visto un animale bere il latte o alimentarsi con i derivati del latte di un altro animale anche da adulto? Immagino di no: solo l’uomo in età adulta continua a nutrirsi di un latte diverso da quello della propria specie, pur non avendone bisogno”.

Per saperne di più leggi "La fibromialgia è una sfida: tu puoi vincerla".

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